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L’importanza turistica di Albisola è dovuta, oltre che alla situazione privilegiata anche all’attività dei ceramisti i cui prodotti policromi, realizzati in modo artigianale ed esposti nelle vetrine, sono molto ricercati.
Una breve storia della ceramica di Albisola sarà utile per capire come si è sviluppata l’arte figulina a partire dal ‘400 L’impasto è molto depurato di colore giallo chiaro o rosato e la superficie è levigata fino a diventare lucida. Il disegno è fine a motivi bruni (triangoli , rombi, zig zag…) ottenuto tramite la cosiddetta “tecnica a negativo”: il pigmento nero veniva fatto aderire soltanto alla parte della superficie del vaso che si voleva colorare, ricoprendo con una pellicola di cera o grasso animale che durante la cottura si scioglieva.
Tra il ‘500 e il ‘600 si sviluppa l’arte della maiolica (prodotto ceramico ricoperto con smalto impermeabile) inizialmente blu cobalto e poi policroma. (decoro Bianco Blu).
Intorno alla prima metà del ‘600, il decoro riprende i motivi delle porcellane cinesi della dinastia Ming (1571-1619), con motivi prevalentemente naturalistici (decoro Calligrafico Naturalistico). Disegno di minuscoli personaggi e animaletti realizzato a più colori o solo in manganese è il “decoro Levantino”.
Realizzato su maiolica bianca in policromia con colori rosa, giallo, arancione, viola, azzurro e verde è il “decoro Boselli”, che il ceramista Giacomo Boselli introdusse nella seconda metà del ‘700, riprendendo un decoro floreale in voga a Strasburgo, Marsiglia e Lodi.
Ceramica nera e ceramica gialla è la tipica produzione albisolese di ceramica popolare che caratterizza il XIX secolo. Sono documentate tre tipologie: “a tachcs noires”- “la ceramica nera” e ” la ceramica gialla”.
Si tratta, in tutti e tre i casi, di terracotta verniciata, (quella gialla è anche ingobbiata), la decorazione è assente.
La più decorata è quella gialla, con una particolare tecnica detta a “spugnetta” perché ottenuta con l’uso di una spugnetta ritagliata nella forma voluta. I disegni sono geometrici, ispirati alla trama dei pizzi
LA CHIESA ROMANICA DI SAN PIETRO
è situata in Piazza Giulio II nei pressi della stazione ferroviaria. Ripetutamente modificata attraverso i secoli e distrutta dal terremoto del 1887, fu ricostruita su disegni di Alfredo D’Andrade, sulla pianta di quella precedente.
Tuttavia il progetto non fu completamente eseguito perché manca tuttora il campanile, pur compreso nei disegni del progettista. Costruita in pietra arenaria e mattoni a vista presenta in facciata un portico con due leoni che sostengono le colonne tipici dello stile romanico.
Pittoresco il piccolo campanile a vela situato sul fianco sinistro della chiesa, che è fiancheggiata da alti cipressi.
L’interno è a tre navate con tre colonne composite per parte. Di notevole pregio il soffitto ligneo della navata centrale. L’abside ospita un piccolo altare in marmo e un quadro raffigurante i Santi Pietro e Paolo.
Sulla parete sinistra è custodito un pezzo di muro dell’antica chiesa. Sul piazzale della stazione ferrovia è possibile soffermarsi a visitare il piccolo sito archeologico di epoca romana della “mansio”, ovvero, stazione della strada romana.
Scavato nel 1881 dal canonico Giovanni Schiappapietra (parroco di S. Nicolò), riportò alla luce i ruderi di un piccolo edificio, probabilmente adibito ad uso termale.
Tra il 1969 ed il 1975 furono recuperati i resti di una grande villa di tipo agricolo con annesse strutture produttive.
Il PONTE MEDIOEVALE
Situato nel centro storico della cittadina, in Via dei della Rovere, scavalca il Riobasco con un arco di forma elegante.
L’anno 1215 il podestà Guglielmo Trucco decretava l’esecuzione
di un ponte in muratura da erigersi sul Riobasco per rendere possibile
alla popolazione del borgo, di recarsi alla chiesa di S. Nicolò anche nei giorni in cui il torrente era in piena.
Questo collegamento venne realizzato da Guglielmo Fodrato, proprietario dei terreni situati tra Luceto, il torrente Sansobbia e lo stesso Riobasco.
La costruzione fu fatta in mattoni rossi ed ancora oggi, resistette nel
tempo e oggi serve da collegamento all’abitato circostante
LA PARROCCHIA DI SAN NICOLO'
Situata in Piazza San Nicolò, è un monumento di pregevole arte e storia. E’ una delle più antiche chiese della diocesi, sorge ai piedi del Castellaro e la sua costruzione risale al secolo XI; ne fa fede una lapide del 1067 murata nel campanile. Ricostruita nel 1600 ha subito ripetute trasformazioni. Nel 1870 furono realizzati i capitelli, tuttora esistenti. Già nel 1701 fu reso più maestoso il campanile, costruito nel 1607 e riedificato nel 1688. il sagrato, datato 1837, è pavimentato a ciottoli levigati bianchi e neri e recentemente restaurato. L’interno della chiesa è diviso in tre navate, in esse sono racchiusi parecchi capolavori di artisti liguri quali Domenico Buscaglia, Francesco Gandolfi, Gerolamo Brusco
Sull’altare maggiore si può notare la statua marmorea raffigurante S. Nicolò, il santo patrono è presente anche nella terza cappella della navata di destra; entrambe le opere sono dello scultore Francesco Schiaffino. Nella cappella a destra del presbiterio è conservato un prezioso crocifisso in legno del 1727, opera di Antonio Maria Maragliano, raffigurante “Gesù agonizzante"
ORATORIO DI S. MARIA MAGGIORE
E' attiguo alla chiesa di San Nicolò. Sopra il portone
di ingresso si trova una balconata in legno con un
piccolo organo a canne presumibilmente del XIX secolo.
L’altare è in marmo intarsiato e policromo di gusto
barocco.
La statua lignea che raffigura Sant’Isidoro agricoltore,
datata 1881, nonché le 14 monumentali statue in gesso
alte circa tre metri rappresentanti santi collocate in nicchie,
lungo le pareti, sono opera di Antonio Brilla.
Vi è inoltre la statua lignea di San Nicolò risalente al
1708 di Anton Maria Maragliano
SANTUARIO DELLA PACE
Un po’ di storia……in passato gli abitanti di Albisola Superiore e di Stella erano sovente in lite fra loro per motivi di confine.
Dopo l’ennesimo scontro avvenuto nel 1482 decisero di fare un vero combattimento nel piano ove sorge la chiesa.
Pare che mentre i combattenti stavano per impugnare le armi, nel cielo apparve una candida nube riflettente i raggi del sole. I contendenti abbagliati da tanta luce deposero le armi e “pace” fu fatta.
Il Santuario fu costruito nel 1578 e sotto di esso è conservata la prima cappella.
Fu danneggiato da inondazioni nel 1747 e dagli austriaci nel 1748. Fra il 1876 e il 1891 furono effettuati restauri e venne costruito il campanile. Nel 1921 vennero consacrate le tre nuove campane
La chiesa è divisa in tre navate ove si possono ammirare i seguenti affreschi raffiguranti l’apparizione della Madonna e la
Madonna con S. Giovanni Battista e S. Nicolò.
Nella lunetta grande è rappresentato Pio XII che consacra i popoli al Cuore Immacolato di Maria; nelle due lunette
sotto la cupola sono raffigurati il Concilio di Efeso e la proclamazione del dogma dell’Immacolata (1854); nelle
restanti otto lunette sono rappresentate la nascita di Nostro Signore, la presentazione al tempio e fuga in Egitto,
il ritrovamento di Gesù fra i dottori del tempio, le nozze di Cana, Stabat Juxta Crucem e la deposizione di Gesù dalla Croce
VILLA BALBI affacciata sul mare in prossimità della
passeggiata “E. Montale” ha il suo ingresso da Via Balbi.
La si può ammirare solo esternamente in quanto ora
residenza privata. Eretta da un doge Brignole di Genova
(come scritto sul volume XXXIV degli Atti della Società
Savonese di Storia Patria) verso la metà del
‘600, secondo l’architettura patrizia dell’epoca ha il solo
piano nobile.
Recentemente restaurata, sotto la direzione della
Soprintendenza competente è la decorazione
pittorica esterna consistente in finte colonne su
fondo verde, al di sopra di uno zoccolo in finto
bugnato color arancio.
Possiede una doppia scalinata esterna, culminante in un
poggioletto a baldacchino sorretto da due colonne di marmo
bianco, elemento architettonico piuttosto raro nelle ville di
quel tempo.
Fu residenza estiva del cardinale Brignole, segretario di
stato in Vaticano.
Nella villa si trova una cappella ove i fedeli si riunivano
per le funzioni religiose prima che fosse eretta la chiesa
parrocchiale ad opera di don Natale Leone
VILLA GAVOTTI situata nei pressi del centro storico di Albisola Superiore, con ingresso in Via dei Della Rovere, lato mare, è una delle più belle ville italiane del ‘700 magnifico esemplare del cosiddetto “barocchetto genovese”. Fu fatta costruire nel 1744 da Francesco Maria, doge di Genova, ultimo discendente dei Della Rovere.
Da questi passò ai marchesi Gavotti dai quali prese il nome.
La mole quadrata della villa è ingentilita da due lunghe terrazze che, svolgendosi da un lato dell’edificio, comprendono il giardino e scendono a scalinata fino alla bella vasca centrale. Terrazze e scale sono decorate e impreziosite da balaustre e vasi, da statue tutte di marmo di Carrara rappresentanti personaggi mitologici
Nel giardino vi sono cinque vasche e nel mezzo delle quattro più piccole vi sono statue rappresentanti sirene e tritoni. Al piano terreno, a sinistra di chi entra, vi sono tre vasti saloni destinati alle feste, ispirati alle stagioni. La sala della primavera, con dipinti rappresentanti intrecci e motivi floreali, la sala dell’estate, ove è dipinta ogni qualità di frutta e di grano e quella dell’autunno in cui sono sospesi grappoli d’uva e foglie di vite in ferro battuto.
La sala dell’inverno è rappresentata da una grotta artificiale costruita in gran parte con materiale tolto dalla grotta di Bergeggi, madreperle, conchiglie, coralli ed un pavimento in piastrelle di maiolica ad arabeschi policromi. Il soffitto è formato da stalattiti e stalagmiti. Fanno ancora parte della decorazione delle sale, vasi e pareti in maiolica dipinta ed affreschi di Andrea Levantino. Nel boschetto il famoso gruppo marmoreo di Ercole che lotta con il leone Nemeo.
Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo - Luoghi della cultura - Villa romana.
Gli studi sulle antichità di Albisola, iniziati nella seconda metà dell'800, portarono a localizzare nella zona di Albisola Superiore l'Alba Docilia che compare come stazione o luogo di sosta sulla Tabula Peutingeriana, mappa stradale dell'Impero romano redatta forse tra III e IV sec. d.C. per scopi militari, pervenutaci grazie a una copia medievale, e in altri itinerari antichi in cui il toponimo assume forme diverse, come Alba Decilia o Delicia.
La presenza dell'antico insediamento albisolese sugli itinerari stradali si spiega con la prossimità all'arteria costiera che da Genova conduceva a Vado, che tuttavia divenne secondaria dopo l'apertura della via Julia Augusta voluta dall'imperatore Augusto tra il 13 e il 12 a.C. Il complesso antico in piazza Giulio II, portato in luce con gli scavi condotti alla fine dell'800 da don Schiappapietra, parroco della chiesa di S. Nicolò di Albisola, è riferibile ad una grande villa (circa 8000 mq) di età romana imperiale che univa caratteristiche della dimora residenziale con strutture e servizi produttivi tipici della fattoria. Sono riconoscibili il quartiere padronale (pars urbana), il settore rustico - produttivo (pars rustica o fructuaria) e il settore termale.
Parte del nucleo abitativo e della zona termale è attualmente visibile nell'area archeologica compresa nel vasto piazzale antistante la stazione ferroviaria; un tratto del settore rustico è conservato sotto il porticato a fianco della stazione stessa, mentre i resti murari esistenti sotto la piazza sono resi leggibili grazie al tracciato planimetrico, riportato mediante lastre di travertino sulla pavimentazione.
Nel quartiere residenziale della villa, esposto a Sud, piccoli vani (cubicula) si affacciavano su un peristilio porticato dotato di un bacino rettangolare per la raccolta dell’acqua. I reperti rinvenuti nello scavo rivelano l’elegante decorazione del porticato con intonaci dipinti, lesene scanalate in marmo bianco e capitellini figurati con foglie d’acanto e delfini affrontati. Alcuni vani posti a Nord del peristilio erano forniti di sistema di riscaldamento mediante circolazione di aria calda sotto il piano pavimentale; gli ambienti destinati al soggiorno del proprietario, della famiglia e degli ospiti erano dotati di pavimenti a mosaico e tarsie marmoree e di pareti e soffitti dipinti, che testimoniano una certa raffinatezza almeno nel periodo di maggior sviluppo della villa, corrispondente al I e al II secolo d.C.
Nel settore rustico una ventina di vani di differenti dimensioni adibiti probabilmente a magazzini, alloggi servili e ricoveri per animali, si disponevano, secondo una tipologia diffusa in area gallo-romana, intorno ad una grande corte centrale; gli ambienti ubicati nell’angolo Nord ospitavano impianti di lavorazione con vasche e canalette, oggi occultate sotto il terrapieno ferroviario, attribuibili alla produzione o alla trasformazione delle derrate alimentari e dei prodotti provenienti dalle proprietà agrarie dell’azienda agricola.
Il settore termale collegato alla parte abitativa comprende un grande edificio circolare, già indagato alla fine dell’800, da identificare probabilmente con un laconicum o assa sudatio, una sauna in cui era possibile prendere bagni di vapore o di aria calda, e forse anche di sole, e una vasca o cisterna rivestita con malta idraulica. In una serie di ambienti collegati si riconoscono vani di servizio connessi alle attivita termali.
La monumentalità dell’impianto termale, il numero di cubicula presenti nell’area residenziale nonché l’estensione planimetrica del settore di servizio con la vasta area cortilizia hanno indotto a interpretare il complesso più che con una villa di tipo rustico-residenziale, con la mansio di Alba Docilia, stazione di posta appartenente all’organizzazione del cursus publicus.
Le mansiones romanae sorgevano in prossimità di strade di grande comunicazione e garantivano possibilità di sosta, accoglienza e riposo per viaggiatori e animali: corrispondono a tali necessità sia lo sviluppo del quartiere residenziale sia l’estensione planimetrica della corte circondata da spaziosi ambienti adibiti forse a magazzini o stalle, sia un capillare sistema idraulico e non ultima la presenza di un attrezzato settore termale, adeguato a un esercizio pubblico piuttosto che ad una struttura privata, per quanto grandiosa. In realtà la distinzione tra villa rustica e mansio non è sempre chiara, in quanto le tipologie edilizia e planimetrica possono presentare elementi comuni, e nulla esclude che alcune villae possano essere state successivamente trasformate in mansiones.
L’occupazione stabile della villa tra I e V forse VI secolo d.C. è documentata dai numerosi reperti ceramici e monetali, attestanti una rete di vivaci rapporti commerciali. Le indagini archeologiche recentemente condotte sotto la Via degli Scavi hanno rivelato una stratigrafia intatta, altrove mancante, che ha permesso di delineare la frequentazione del sito dall’epoca preromana al tardo antico e all’alto medioevo, quando alcuni ambienti della villa ormai in abbandono vengono occupati da sepolture a inumazione, per le quali è ancora da individuare la relazione con la chiesa di S. Pietro, o con un primitivo edificio di culto, che si imposta sui resti del complesso di età imperiale.